L’indebita duplicazione delle garanzie nel concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e la bancarotta fraudolenta per distrazione.

 di Giovanni Palmieri, Avvocato (Foro di Roma)

Nell’ambito di una vicenda giudiziaria in cui il Gip presso il Tribunale di Tivoli riteneva sussistenti, a carico degli indagati, gli indizi della realizzazione dei reati di bancarotta fraudolenta e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, veniva disposto il sequestro diretto dei beni trasferiti dalla società fallita ad altra società e il sequestro per equivalente dei beni dei richiedenti in relazione al reato di cui all’art. 11 D. Lgs. n. 74/2000.

Trattasi di un caso interessante per l’interprete, chiamato ad interrogarsi sull’esatta applicazione degli art. 321 c.p.p. e 12 bis D. lgs. n. 74/2000 in mancanza del presupposto per poter disporre il sequestro per equivalente dei beni degli amministratori a scopo di confisca del profitto dei reati tributari, dagli stessi commessi agendo in nome e per conto della società, costituito dall’impossibilità di procedere al sequestro diretto del profitto del reato rappresentato dai beni oggetto delle simulate e fraudolente alienazioni, come chiarito dalla sentenza Lucci delle SS. UU. n. 10561/2014. Invero, i beni per i quali veniva disposto il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca del profitto dei reati tributari, erano già stati individuati ed erano oggetto di sequestro in relazione al diverso reato di bancarotta fraudolenta. 

Si assisteva dunque ad una discutibile ed indebita duplicazione di garanzie poiché il credito tributario, peraltro già oggetto di insinuazione nel passivo fallimentare, risultava garantito sia dal sequestro diretto dei beni oggetto delle distrazioni e delle alienazioni fraudolente, sia dal sequestro per equivalente disposto sui beni degli amministratori della società. Ciò accadeva sebbene i beni sottoposti a sequestro risultavano sufficienti a soddisfare il debito tributario, con evidente e conseguente insussistenza del presupposto per poter disporre il sequestro per equivalente. 

Si consideri altresì che, considerando l’interesse sottostante alla fattispecie di reato tributario in oggetto, la tutela di quest’ultimo avrebbe dovuto essere considerata prevalente. Essendo dunque l’Erario l’unico creditore privilegiato, sarebbe stato certamente soddisfatto prioritariamente rispetto agli altri creditori, tutti chirografari: in pratica, il sequestro disposto in relazione alla bancarotta non era ostativo alla esecuzione del sequestro sui medesimi beni anche in relazione al reato tributario, essendo il loro valore (tre milioni di euro) idoneo a soddisfare il debito fiscale (un milione e duecentomila euro). 

Tuttavia la Suprema Corte, ribadita la configurabilità del concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, considerata la diversità dei beni giuridici tutelati, la natura delle fattispecie astratte, la diversità del soggetto/autore dell’illecito e dell’elemento soggettivo dei due reati, affermava che: 

– il sequestro preventivo dei beni oggetto delle distrazioni in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta era misura disposta a fini impeditivi al fine di non disperdere i beni e soddisfare i creditori, quindi destinato a permanere in caso di condanna e confisca o a convertirsi in sequestro conservativo. Si determinava in tal modo, in ottica ablatoria, un vincolo di indisponibilità dei beni non suscettibile di essere sottoposto ad ulteriori vincoli; 

– il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto nei confronti del legale rappresentante di una società, quando risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nel patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato (cfr. sez. III, n. 3591 del 20 settembre 2018, dep. 24 gennaio 2019, Bennati), perché ad esempio, come nel caso di specie, sottoposto ad altro vincolo. 

– l’eventuale futuro soddisfacimento del credito erariale dovuto per il debito derivante dal debito tributario, derivante dall’eventuale capienza dei beni in relazione ai quali veniva disposto il sequestro in via diretta in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, consentirà la riduzione o la revoca del sequestro per equivalente. 

Con tale sentenza dunque, la Cassazione perviene ad una soluzione intermedia, potremmo dire di compromesso, che lascia notevoli dubbi e perplessità in ordine ad una duplicazione delle garanzie e delle misure restrittive e ablatorie che rischiano di risultare oltremodo gravose rispetto all’effettiva rilevanza della singola vicenda e del fatto contestato.

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