L’affidamento al commercialista delegato dell’incarico di presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato da responsabilità penale per l’omessa dichiarazione.

 di Giovanni Palmieri, Avvocato (Foro di Roma) 

L’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 punisce chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte. La novella introdotta ex D.Lgs. n. 158/2015 ha inasprito le sanzioni punendo anche l’omessa presentazione da parte del sostituto d’imposta1. Il legislatore nell’ottica di ritenere la sanzione penale una extrema ratio2 ha stabilito che “non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine”.

Il delitto è qualificabile come norma penale in bianco poichè fa riferimento a norme extra-penali (tributarie) al fine di individuare la fonte legislativa dell’obbligo di presentazione della dichiarazione. 

L’interesse tutelato dalla norma è l’integrale percezione dei tributi da parte dell’Erario. Si tratta di un reato di danno “per il cui realizzarsi è necessario il verificarsi dell’evento concretamente lesivo costituito dall’evasione d’imposta almeno nella misura minima”. 

Quanto ai soggetti attivi siamo in presenza di un reato proprio3 commesso, attraverso una condotta omissiva4, da colui il quale “non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative” alle Imposte sui redditi ed all’Imposta sul Valore Aggiunto5.

Premessi tali brevi cenni sulla natura della fattispecie, il reato può essere commesso, secondo la legge tributaria, solo dal soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione, cioè il legale rappresentante della società. 

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso in cui le dichiarazioni erano state presentate da soggetto non legittimato (ex amministratore, moglie dell’indagato, nei confronti del quale il tribunale aveva ritenuto il fumus delicti del reato di omessa dichiarazione, procedendo al sequestro dei conti della società e, in subordine, delle somme nella sua disponibilità) chiariva che la norma tributaria considera come personale e non delegabile il dovere del soggetto tenuto alla presentazione della dichiarazione, escludendo che l’eventuale delega possa modificare il destinatario dell’obbligo, titolare della posizione di garanzia che, in ossequio ai criteri di tassatività e legalità, coincide con il soggetto individuato dalla legge. 

L’affidamento al professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato da conseguenze penali derivanti dall’omessa dichiarazione. 

In tali casi non troverebbe applicazione l’art. 1 DPR n. 322/1998 che, in caso di presentazione da parte di un soggetto non legittimato, stabilisce che la dichiarazione è nulla, ma sanabile alle condizioni ivi previste, trattandosi di una norma che attiene al rapporto tributario, che esula dal processo penale. 

Dunque la responsabilità penale non sarebbe esclusa nel caso di delega ad altri a predisporre/presentare la dichiarazione: nel caso di tali reati il concorso dell’extraneus potrebbe configurarsi solo come concorso morale, che non sarebbe comunque idoneo ad escludere il reato dell’intraneo. 

Altro invece è la prova del dolo specifico di evasione: essa non deriva dalla sola e semplice violazione dell’obbligo dichiarativo o da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista ma, ad avviso della giurisprudenza, dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato avrebbe consapevolmente omesso la presentazione della dichiarazione nella consapevolezza dell’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (sez. III, n. 37856 del 18 giugno 2015, Porzio).

1Sul punto deve ricordarsi come la disposizione di cui al comma 1-bis sia l’unica nel dettato normativo penal-tributario ad aver attuato le modifiche apportate dalla riforma del sistema sanzionatorio penal-tributario all’art. 1, lett. c), del D.Lgs. n. 74/2000 e, nello specifico, nell’allargamento della definizione delle Dichiarazioni a quelle che ex lege devono essere presentate dal sostituto d’imposta.
2 Sul punto deve richiamarsi Corte di Cassazione, Sez. III pen., sent. 13 gennaio 2011, n. 656 secondo cui la presentazione di dichiarazione integrativa dopo i 90 giorni previsti ex lege e l’integrale pagamento delle imposte dovute “risultano condotte in ogni caso valutabili ai fini della possibile applicazione delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62 bis c.p. o della citata attenuante speciale (NdR: quella ex art. 13 (ora 14) del D.Lgs. n. 74/2000), al pari di tutte le condotte che successivamente alla commissione di un reato integrino un risarcimento parziale o totale delle conseguenze dannose dell’illecito”. Conformemente: Corte di Cassazione, Sez. III pen., sent. 28 novembre 2013, n. 5457 e Corte di Cassazione, Sez. III pen., sent. 18 giugno 2015, n. 33026.
3 La natura di reato proprio degli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 74/2000 è stato recentemente sostenuto anche dal Supremo Consesso che ha inteso sostenere la posizione assunta affermando che l’obbligo di presentazione delle Dichiarazioni spetta al legale rappresentante o all’amministratore di fatto. Corte di Cassazione, Sez. III pen., sent. 10 settembre 2018, n. 40239.
4 I reati omissivi propri sono “quelli nei quali il legislatore esprime il mancato compimento di una azione giuridicamente doverosa, indipendentemente dal verificarsi o meno di un evento come conseguenza dell’omissione; […] sono direttamente configurati da singole norme incriminatrici, che descrivono sia l’azione doverosa la cui omissione è penalmente rilevante, sia i presupposti in presenza dei quali sorge l’obbligo giuridico di agire”.
5 M. Carrozzino, G. Palmieri Illeciti penali tributari in Compliance Fiscale (a cura di) C. Melillo, Wolters Kluwer, 2019, pag. 327.

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